Grano e suolo: un equilibrio fragile

Sotto i nostri piedi, in pochi centimetri di terra, si concentra la base di ogni ecosistema agricolo. È lì che germina il grano, dove l’acqua si infiltra, dove microrganismi e radici si intrecciano in un equilibrio invisibile e prezioso.
Eppure, questo equilibrio è oggi sempre più fragile: il 33% dei suoli mondiali è degradato, secondo la FAO, e ogni anno scompaiono oltre 24 miliardi di tonnellate di suolo fertile.

Il grano, che cresce proprio su queste terre, è una delle colture più sensibili — ma anche una delle più determinanti — per la salute del suolo.

Cosa significa “salute del suolo”

Un suolo sano non è solo “terra buona per seminare”: è un sistema vivo, ricco di materia organica, microrganismi, lombrichi e funghi benefici.
La materia organica del suolo (chiamata anche carbonio organico) è ciò che ne garantisce fertilità e stabilità. Funziona come una spugna: trattiene acqua, riduce l’erosione e immagazzina carbonio, contribuendo alla lotta contro il cambiamento climatico.

Quando il suolo viene lavorato in modo eccessivo, compattato da macchinari pesanti o impoverito da fertilizzazioni sbilanciate, perde la sua struttura.
I granuli si disgregano, l’acqua scorre via senza infiltrarsi, e la vita microbiologica si riduce. È quello che gli agronomi definiscono degradazione del suolo.

Grano e suolo: un legame millenario

Il grano ha accompagnato l’uomo fin dall’origine dell’agricoltura. Ma questa lunga convivenza ha avuto un prezzo: le pratiche agricole intensive — arature profonde, uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi — hanno alterato profondamente la fertilità naturale dei terreni.

In Italia, le aree cerealicole del Centro-Sud, come la Puglia, la Sicilia e il Lazio, mostrano segni evidenti di erosione e perdita di sostanza organica.
Uno studio del CREA (2023) ha stimato che nei terreni cerealicoli italiani il contenuto medio di carbonio organico è sceso sotto il 2%, soglia critica per il mantenimento della fertilità biologica.

Erosione e compattazione: i nemici invisibili

Due processi minacciano in particolare il suolo coltivato a grano:

  • Erosione: il dilavamento delle piogge e il vento portano via lo strato superficiale, quello più fertile. Senza copertura vegetale, il suolo diventa sterile e arido.
  • Compattazione: le macchine agricole pesanti schiacciano il terreno, riducendo lo spazio d’aria tra le particelle. Le radici faticano a crescere e l’acqua non penetra, aumentando il rischio di ristagni o siccità.

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), il 25% dei suoli agricoli europei mostra segni di compattazione, e il rischio aumenta nelle colture a cereali per via della lavorazione annuale del terreno.

Le pratiche rigenerative che fanno la differenza

Negli ultimi anni, si stanno diffondendo tecniche di agricoltura rigenerativa che mirano a restituire vitalità al suolo.
Ecco alcune strategie particolarmente efficaci per il grano:

  • Minima lavorazione (minimum tillage): ridurre le arature profonde preserva la struttura naturale del terreno e la vita microbica.
  • Cover crops (colture di copertura): seminate tra un raccolto e l’altro, proteggono il suolo dall’erosione e arricchiscono di nutrienti.
  • Rotazioni colturali: alternare il grano con leguminose (come ceci o fave) migliora la fertilità e riduce la pressione di parassiti.
  • Residui organici: lasciare parte della paglia e degli stocchi nel terreno aumenta la materia organica e nutre la microfauna.

In progetti pilota in Emilia-Romagna e Basilicata, queste pratiche hanno migliorato la capacità di ritenzione idrica del suolo del 30%, riducendo anche la necessità di fertilizzanti.

Il ruolo del grano nella cattura del carbonio

Un suolo sano non è solo produttivo: è anche un alleato climatico.
Attraverso la fotosintesi, il grano cattura anidride carbonica (CO₂) dall’atmosfera e la trasferisce alle radici, dove parte di quel carbonio resta immagazzinata nel terreno.
Questo processo, chiamato sequestro del carbonio, contribuisce a ridurre la concentrazione di gas serra.

La FAO stima che migliorando la gestione del suolo agricolo, i campi di cereali potrebbero assorbire fino a 0,5 tonnellate di CO₂ per ettaro ogni anno — un contributo concreto al bilancio climatico europeo.

Suolo e politiche: la nuova frontiera della sostenibilità

La Strategia europea per il suolo 2030 e la proposta di Soil Monitoring Law (2023) mettono il suolo al centro delle politiche ambientali, prevedendo obiettivi di rigenerazione e tutela per tutti i terreni agricoli dell’UE.
Anche la nuova PAC (Politica Agricola Comune) include misure per incentivare pratiche sostenibili, come l’agricoltura conservativa e la gestione integrata dei residui colturali.

Per EcoWheataly, questi strumenti rappresentano un’occasione concreta: misurare, attraverso dati e indicatori, come le diverse pratiche di coltivazione del grano influenzano la salute del suolo e la sostenibilità delle aziende agricole.

Un equilibrio da ricostruire

Il grano nasce dal suolo, ma può anche rigenerarlo.
Ogni gesto agronomico — dalla scelta della varietà alla gestione della paglia — può contribuire a mantenere viva questa alleanza antica.
In un’epoca di crisi climatica e desertificazione, restituire vita ai terreni non è solo una questione agricola: è un atto di futuro.

Come ricorda la FAO, “non ci sarà sicurezza alimentare senza suoli sani”.
E il grano, ancora una volta, può esserne la chiave.

Fonti:

  • FAO (2022). Global Assessment of Soil Degradation and Restoration Needs.
  • FAO (2023). State of the World’s Soil Resources Report.
  • EEA – European Environment Agency (2023). Soil Compaction and Erosion in European Farmlands.
  • CREA – Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente (2023). Bilancio della sostanza organica nei suoli cerealicoli italiani.
  • IPCC (2021). Climate Change and Land: Summary for Policymakers.
  • European Commission (2023). EU Soil Strategy for 2030 and Soil Monitoring Law Proposal.