Grano e biodiversità: perché conservare le varietà locali

Quando parliamo di biodiversità, pensiamo subito a foreste, animali o coralli tropicali. Ma la biodiversità agricola — la varietà genetica delle piante coltivate — è altrettanto vitale per la nostra sopravvivenza.
Il grano, coltivato da oltre diecimila anni, ne è un simbolo perfetto: una pianta che ha accompagnato l’uomo fin dai primi villaggi agricoli della Mezzaluna Fertile, e che oggi, nonostante la sua apparente uniformità, racchiude un’enorme ricchezza genetica.

Cos’è la biodiversità del grano

Ogni varietà di grano (o cultivar) possiede un proprio insieme di geni che determinano altezza, resistenza alle malattie, adattamento al clima, sapore e qualità delle farine.
Negli ultimi decenni, però, l’agricoltura industriale ha privilegiato poche varietà “standard”, scelte per l’alta produttività e la compatibilità con la meccanizzazione. Questo ha portato a una erosione genetica: migliaia di antiche varietà locali — come la Timilia, il Senatore Cappelli o il Gentil Rosso in Italia — sono state progressivamente sostituite.

Secondo la FAO, nel corso del XX secolo il 75% della diversità genetica delle colture agricole è andato perduto, perché le vecchie varietà non venivano più coltivate o conservate nei campi.
Eppure, proprio quelle varietà rappresentano una risorsa insostituibile per il futuro.

Perché la biodiversità è una polizza contro il cambiamento climatico

La biodiversità non è solo un patrimonio culturale o gastronomico: è una forma di assicurazione biologica.
Ogni gene raro può nascondere un tratto utile — ad esempio una tolleranza alla siccità, una resistenza a malattie fungine o una capacità di crescere in suoli salini — che potrebbe salvare intere coltivazioni in un mondo che cambia rapidamente.

Gli scienziati chiamano questo approccio resilienza genetica: la capacità di una popolazione agricola di reagire a stress ambientali senza crollare.
In un campo dove convivono più varietà di grano, il rischio di perdita totale per siccità o parassiti è molto più basso rispetto a un campo monovarietale, dove tutte le piante sono geneticamente identiche.

Le varietà locali come radici del territorio

Le varietà locali (o landraces) sono popolazioni di piante selezionate nel tempo dagli agricoltori stessi, in modo naturale, senza laboratori o incroci controllati. Si sono adattate ai microclimi, ai suoli e ai saperi di ogni area rurale.
Ecco perché ogni varietà racconta una storia: la Russello delle colline siciliane, la Verna toscana, il Frassineto umbro, il Rieti originario laziale.

Oltre al valore culturale, queste varietà offrono un vantaggio ecologico: hanno radici più profonde, che migliorano la struttura del suolo e ne aumentano la capacità di trattenere l’acqua. Alcune resistono naturalmente a patogeni locali, riducendo il bisogno di pesticidi.

Conservare non significa tornare indietro

Difendere la biodiversità del grano non vuol dire rinunciare all’innovazione o alla produttività.
Significa piuttosto integrare antiche varietà e nuove tecnologie in modo intelligente.
Le banche del germoplasma — vere “biblioteche genetiche” — conservano semi di migliaia di varietà di grano, come fa l’ICARDA (Centro Internazionale per la Ricerca Agricola nei Paesi Aridi) o il CIMMYT in Messico. Questi semi sono poi utilizzati nei programmi di miglioramento genetico per creare varietà moderne più resistenti, ma con geni “antichi”.

Un esempio emblematico è il lavoro di CIMMYT e FAO sui pangenomi del grano — mappe che confrontano il DNA di decine di varietà per individuare i geni legati ad adattamento, qualità e resa.
In questo modo la biodiversità non resta chiusa in un archivio, ma torna viva nei campi.

L’Italia come laboratorio della diversità

L’Italia è uno dei Paesi europei con la maggiore ricchezza di varietà locali di grano duro.
Negli ultimi anni, università, consorzi agrari e reti di agricoltori hanno riscoperto e rimesso in produzione molte di queste cultivar, spesso in contesti di filiere corte o di agricoltura biologica.
Progetti come Rete Semi Rurali, CREA-Cerealicoltura di Foggia e varie iniziative regionali dimostrano che conservare la biodiversità non è solo una questione etica, ma anche economica: grani locali di qualità possono valorizzare territori interni e garantire redditi più stabili ai piccoli produttori.

Un’eredità per il futuro

Conservare la biodiversità del grano significa proteggere la possibilità di scegliere, di adattarsi e di innovare.
Ogni seme antico è una pagina di storia agricola, ma anche un frammento del futuro.
In un mondo in cui le sfide climatiche e alimentari si moltiplicano, la diversità genetica è il capitale più prezioso: una riserva di soluzioni ancora da scoprire.

Come ricorda la FAO nel suo rapporto State of the World’s Biodiversity for Food and Agriculture, “la sicurezza alimentare globale dipende dalla diversità che oggi scegliamo di salvare”.
Ed è proprio questa la missione che progetti come EcoWheataly portano avanti: unire ricerca, dati e tutela per garantire che il grano del domani sia forte, sano e sostenibile.

Fonti:

  • FAO (2019). The State of the World’s Biodiversity for Food and Agriculture.
  • FAO (2023). The State of Food and Agriculture: Water and Biodiversity Challenges.
  • ICARDA (2024). Harnessing Genetic Diversity in Wheat Landraces for Climate Resilience.
  • CIMMYT (2023). Wheat Pangenome Consortium: Diversity and Genomic Insights for Breeding.
  • Rete Semi Rurali (2023). La diversità cerealicola italiana e la gestione partecipata del seme.
  • CREA-Cerealicoltura (2024). Varietà locali di frumento duro in Italia: prospettive e resilienza ambientale.