Fotovoltaico agrario e cereali: convivenza possibile o concorrenza per il suolo?

Negli ultimi anni, campi di grano e pannelli solari si sono trovati a condividere lo stesso orizzonte.
Da una parte, la corsa alle energie rinnovabili spinge a installare grandi impianti fotovoltaici; dall’altra, gli agricoltori temono di perdere suolo produttivo.
Ma è davvero un conflitto inevitabile? O può nascere una convivenza virtuosa tra agricoltura e produzione di energia pulita?

Il nodo del suolo agricolo

Il suolo è una risorsa finita.
In Italia, solo il 7% del territorio è coltivabile, e ogni anno si perdono circa 2 m² di terreno fertile al secondo a causa di urbanizzazione, erosione e consumo di suolo.
Per questo, i campi di cereali — che occupano oltre 2,2 milioni di ettari — rappresentano una superficie strategica non solo per la produzione di cibo, ma anche per la tutela ambientale.

L’espansione di impianti fotovoltaici a terra ha sollevato un dibattito: se da un lato accelera la transizione energetica, dall’altro rischia di sottrarre spazi alla produzione alimentare.
La sfida del futuro è far sì che il fotovoltaico non sostituisca l’agricoltura, ma la integri.

Cos’è l’agrivoltaico

L’agrivoltaico è la risposta tecnologica e concettuale a questa sfida.
Consiste nell’installazione di pannelli solari sopraelevati o mobili che permettono di coltivare sotto di essi, combinando energia ed agricoltura nello stesso spazio.
L’obiettivo è duplice:

  • produrre energia rinnovabile;
  • mantenere la produttività agricola.

Il principio è semplice: i pannelli non coprono interamente il suolo, ma creano zone d’ombra parziale che riducono la perdita d’acqua per evaporazione e proteggono le colture dagli eccessi termici.

Studi condotti dal CREA e dal Politecnico di Milano (2024) mostrano che in sistemi agrivoltaici sperimentali con grano duro in Puglia, la resa si riduce solo del 4–6%, mentre la produzione di energia supera 1.200 MWh/ha all’anno: un bilancio complessivamente positivo per clima e reddito agricolo.

Benefici agronomici e climatici

L’ombreggiamento parziale dei pannelli fotovoltaici:

  • riduce la temperatura del suolo fino a 2°C, migliorando la ritenzione idrica;
  • abbassa del 20–30% il fabbisogno irriguo;
  • stabilizza le rese in annate siccitose.

Inoltre, l’agrivoltaico contribuisce a ridurre le emissioni di CO₂ legate ai combustibili fossili e alla produzione di fertilizzanti, rendendo il sistema agricolo più vicino agli obiettivi NetZero 2050.

Limiti e regolamentazione

Non tutti i sistemi fotovoltaici in ambito agricolo sono sostenibili.
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) distingue gli impianti:

  1. a terra (che sottraggono superficie coltivabile);
  2. agrivoltaici integrati, ammessi se garantiscono la continuità delle colture e la multifunzionalità del suolo.

Il DM 22 giugno 2022 e il PNIEC 2030 stabiliscono che almeno il 70% della superficie agricola interessata deve restare coltivabile.
Gli incentivi previsti dal Piano Nazionale Agrisolare premiano gli impianti che rispettano queste soglie, favorendo tecnologie mobili o sopraelevate.

Convivenza o competizione?

La risposta dipende dal modello.
Laddove l’agrivoltaico è progettato con criteri agronomici — pannelli orientabili, distanze adeguate, rotazioni cerealicole integrate — il sistema funziona.
Laddove prevale la logica speculativa, con installazioni massive a scapito dei campi, si perde equilibrio.

La vera innovazione è integrare energia e agricoltura come due facce della stessa sostenibilità: coltivare il sole e la terra, insieme.

Fonti scientifiche e istituzionali

  • CREA e Politecnico di Milano (2024). Sistemi agrivoltaici nel frumento duro: analisi agronomica e energetica.
  • MASE (2023). Linee guida per impianti agrivoltaici sostenibili.
  • European Commission (2024). Renewable Energy and Agricultural Land Use.
  • ISPRA (2024). Consumo di suolo e sostenibilità delle bioenergie.
  • FAO (2024). Agrovoltaics for Sustainable Land Management.