L’agricoltura rigenerativa nella nuova PAC: dal concetto alla pratica

C’è una parola che negli ultimi anni è uscita dai circoli scientifici per entrare nelle politiche agricole europee: rigenerazione.
Non più solo “sostenere” la terra, ma ricostruirne la salute.
Questo è il principio dell’agricoltura rigenerativa, un approccio che integra ecologia, economia e innovazione per riportare fertilità, biodiversità e resilienza nei suoli agricoli.

La nuova Politica Agricola Comune (PAC) 2023–2027 riconosce ufficialmente questo paradigma, collegandolo agli obiettivi del Green Deal europeo e alle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030.
Ma che cosa significa, concretamente, “rigenerare” un campo di grano?

Dal suolo come risorsa al suolo come organismo vivente

Per decenni, l’agricoltura europea si è concentrata su rese e produttività.
Oggi, però, cresce la consapevolezza che la fertilità non è un dato permanente, ma una relazione dinamica tra suolo, clima e pratiche agricole.

L’agricoltura rigenerativa parte da un concetto semplice e rivoluzionario: il suolo non è un supporto, ma un organismo vivente.
Rigenerarlo significa restituirgli materia organica, biodiversità microbica e capacità di trattenere acqua e carbonio.

Nel caso dei cereali, questo si traduce in pratiche come:

  • non lavorazione o minima lavorazione del terreno (no-till, minimum tillage), per conservare la struttura del suolo;
  • rotazioni lunghe con leguminose e piante mellifere, per arricchire il terreno e interrompere i cicli delle malattie;
  • coperture vegetali invernali (cover crops), che proteggono il suolo dall’erosione e migliorano la sostanza organica;
  • uso di compost e ammendanti naturali per reintegrare carbonio e nutrienti.

Il legame con la nuova PAC e gli ecoschemi

La PAC 2023–2027 riconosce la rigenerazione del suolo come una priorità ambientale.
Le sue misure più affini al modello rigenerativo sono:

  • l’Ecoschema 4 (tutela del suolo e della biodiversità),
  • l’Ecoschema 5 (gestione efficiente di acqua e fertilizzanti),
  • e gli interventi agroambientali dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR).

Attraverso questi strumenti, le aziende possono ricevere incentivi per:

  • ridurre l’aratura profonda e passare alla semina su sodo;
  • aumentare la copertura vegetale permanente;
  • adottare piani di fertilizzazione organica;
  • utilizzare sistemi digitali per monitorare la salute del suolo.

In Emilia-Romagna, per esempio, i progetti LIFE AGRICARE e Soil4Life hanno dimostrato che la semina su sodo abbinata a rotazioni con favino riduce le emissioni di CO₂ del 30% e aumenta del 25% la capacità del suolo di trattenere acqua.

Il valore economico della rigenerazione

L’agricoltura rigenerativa non è solo una pratica ecologica: è anche una strategia economica.
Investire nel suolo significa ridurre la dipendenza da fertilizzanti chimici e migliorare la stabilità delle rese nel tempo.

Uno studio del Joint Research Centre (2024) stima che, in sistemi cerealicoli rigenerativi, il costo medio dei fertilizzanti possa diminuire del 18%, mentre la resa resta invariata o cresce leggermente (+5% nel medio periodo).

In più, i suoli rigenerati accumulano carbonio e migliorano la biodiversità funzionale — due parametri sempre più richiesti nei mercati dei crediti ambientali e nella rendicontazione ESG.

Scienza e innovazione: come si misura un suolo rigenerato

Oggi la rigenerazione del suolo è oggetto di un’intensa attività scientifica.
Attraverso tecniche come la spettroscopia nel vicino infrarosso (NIR), i ricercatori misurano il contenuto di carbonio organico e azoto minerale.
Sensori digitali e droni monitorano la biomassa microbica e l’attività enzimatica, indicatori della vitalità biologica del terreno.

Il progetto europeo Soil Mission (Horizon Europe, 2024–2030) mira a rigenerare il 75% dei suoli europei entro il 2035, attraverso ricerca, formazione e politiche di supporto.
In questo scenario, l’agricoltura rigenerativa è il ponte tra conoscenza scientifica e applicazione pratica.

Dal concetto alla cultura agricola

Rigenerare la terra non significa tornare indietro, ma riscoprire l’equilibrio tra tradizione e innovazione.
Le rotazioni, il sovescio, la minima lavorazione sono pratiche antiche che oggi ritrovano senso grazie alla tecnologia e alla politica.

Le aziende che intraprendono percorsi rigenerativi spesso raccontano un cambiamento profondo:
meno input, più osservazione; meno reattività, più prevenzione.
È una nuova cultura della produzione che guarda alla terra non come a un mezzo, ma come a un alleato.

Per il grano, coltura simbolo dell’agricoltura mediterranea, la rigenerazione non è solo una strategia ambientale: è una garanzia di futuro.

Fonti:

  • European Commission (2024). Common Agricultural Policy 2023–2027: Eco-Schemes and Soil Health.
  • FAO (2023). Regenerative Agriculture for Soil Carbon Sequestration.
  • CREA – Agricoltura e Ambiente (2024). Pratiche conservative e rotazioni nei sistemi cerealicoli italiani.
  • JRC – Joint Research Centre (2024). Economic and Environmental Performance of Regenerative Wheat Systems.
  • LIFE Programme (2024). Soil4Life and AGRICARE Projects Final Reports.
  • Horizon Europe (2024). Soil Mission Implementation Plan.