Perché la genetica del grano conta
Il grano è tra i pilastri della sicurezza alimentare globale: fornisce all’incirca il 18–20% dell’energia calorica e delle proteine nella dieta mondiale, con quote ben più alte in Nord Africa e Asia occidentale. Capire come evolvono le varietà e quali strumenti usano i miglioratori genetici è cruciale per rese, qualità e resilienza delle filiere.
Un genoma gigante
Il frumento tenero (Triticum aestivum), quello da cui otteniamo la farina per pane, pizza e dolci, ha una particolarità che lo rende unico: il suo DNA è gigantesco e molto complesso.
A differenza di noi esseri umani, che abbiamo due copie di ciascun cromosoma (una materna e una paterna), il grano tenero ne possiede sei copie: per questo si dice che è esaploide. Questa caratteristica è frutto della sua storia evolutiva: circa 9.000 anni fa, vicino alla nascita dell’agricoltura, un grano tetraploide domesticato si è incrociato naturalmente con una graminacea selvatica chiamata Aegilops tauschii. Da questo incontro è nato il grano tenero moderno, con tre “set” di cromosomi (A, B e D).
Il risultato è un genoma enorme, circa cinque volte più grande di quello umano (circa 16 miliardi di lettere del DNA). Non solo: circa l’85% di questo DNA è formato da sequenze ripetitive chiamate “elementi trasponibili”, che rendono molto più difficile leggere e interpretare l’intero genoma.
Per decenni questa complessità ha reso quasi impossibile lo studio dettagliato del DNA del grano e il suo uso diretto nel miglioramento genetico. La vera svolta è arrivata nel 2018, quando il consorzio internazionale IWGSC ha pubblicato il primo genoma di riferimento del frumento tenero. In seguito, con i cosiddetti pangenomi (mappe che confrontano il DNA di più varietà diverse), i ricercatori hanno potuto finalmente individuare in modo preciso i geni utili per aumentare rese, resistenze a malattie o tolleranza alla siccità.
Oggi questi strumenti aprono la strada a tecniche come la selezione assistita da marcatori, la selezione genomica e l’editing genetico con CRISPR, che permettono di rendere il miglioramento varietale molto più mirato ed efficace rispetto al passato.
Grano duro e tenero: due strade evolutive diverse
Il grano duro (Triticum durum), quello con cui si fa la pasta, e il grano tenero (Triticum aestivum), usato per pane e dolci, hanno storie genetiche differenti. Il duro ha due copie di cromosomi (AABB) e un DNA “decifrato” nel 2019 con la varietà Svevo, che ha aiutato i ricercatori a capire quali geni influenzano qualità della semola e resistenza alle malattie.
Il tenero, invece, ha tre copie di cromosomi (AABBDD) e grazie ai pangenomi sappiamo oggi che esiste una grande variabilità genetica. Alcune varietà hanno geni che altre non possiedono: questa diversità è preziosa per aumentare rese e adattabilità.
Dai geni della Rivoluzione Verde agli adattamenti moderni
Negli anni ’60, la cosiddetta Rivoluzione Verde introdusse geni che rendevano le piante di grano più basse (Rht-B1b e Rht-D1b). Questo le rese meno soggette a piegarsi con il vento o la pioggia, aumentando la stabilità della produzione. Tuttavia, questi geni hanno avuto anche effetti collaterali, come chicchi più piccoli e minore efficienza nell’uso dell’azoto.
Oggi la ricerca cerca soluzioni più “raffinate”: ad esempio, modulare gli ormoni vegetali per avere piante compatte ma anche produttive. Inoltre, geni che regolano la vernalizzazione (la necessità di freddo per fiorire) e la sensibilità al fotoperiodo (lunghezza del giorno) sono fondamentali per adattare il grano a climi caldi o stagioni più brevi.
Il segreto del pane e della pasta sta nel glutine
La qualità del glutine è determinante per i diversi usi del grano. Alcune proteine (glutenine) rendono l’impasto elastico, mentre altre (gliadine) gli danno estensibilità. L’equilibrio tra queste componenti spiega perché alcune farine siano perfette per il pane e altre per la pasta o i dolci.
Un altro gene importante è quello che controlla la durezza della granella (i geni puroindoline): da questo dipende come il chicco si frantuma in molitura e quindi la destinazione d’uso della farina.
Gli strumenti moderni del miglioramento genetico
Oggi chi lavora sul miglioramento del grano ha a disposizione una vera “cassetta degli attrezzi”:
- Marcatori molecolari: permettono di seguire i geni desiderati con analisi di laboratorio, accelerando la selezione.
- Selezione genomica: usa migliaia di marcatori distribuiti sul DNA per predire la resa di una varietà già prima di testarla in campo.
- Speed breeding: con luce artificiale e serre speciali, si possono ottenere fino a 6 cicli di grano all’anno invece di 1.
- Doubled haploids (DH): tecniche che creano piante geneticamente “fissate” in una sola generazione.
- Mutagenesi e TILLING: generano nuove varianti senza inserire geni esterni, ancora oggi utili per creare diversità.
Resistenza alle malattie: oltre le soluzioni a breve termine
Tradizionalmente, i ricercatori inserivano geni “specifici” per proteggere il grano da una malattia. Ma i patogeni si evolvono rapidamente e spesso “rompono” queste difese. Per questo oggi si punta anche a geni di resistenza duratura come Lr34 e Lr67, che proteggono contro più malattie (ruggini, oidio) e funzionano più a lungo nel tempo.
OGM nel grano: una rarità
A differenza di mais e soia, il grano geneticamente modificato non ha mai avuto grande diffusione. Il primo caso concreto è il grano HB4®, sviluppato in Argentina con un gene di girasole per tollerare la siccità. È già coltivato in Argentina e Brasile, ma la sua accettazione sui mercati internazionali resta dibattuta, soprattutto in Europa, dove la normativa sugli OGM è ancora molto restrittiva.
Gene editing: CRISPR come rivoluzione silenziosa
Con la tecnologia CRISPR/Cas gli scienziati possono modificare in modo estremamente preciso il DNA del grano, anche se questo ha sei copie di ogni gene. Alcuni risultati sono già concreti:
- eliminare il gene TaMLO, rendendo le piante resistenti all’oidio;
- ridurre la quantità di gliadine, proteine che contribuiscono alla sensibilità al glutine, senza compromettere la qualità tecnologica delle farine.
In molti Paesi il gene editing è trattato in modo diverso dagli OGM tradizionali, anche se l’Unione Europea mantiene ancora una linea molto cauta.
Biodiversità come risorsa
Le nuove mappe genetiche e lo studio dei parenti selvatici del grano stanno restituendo accesso a geni “dimenticati”: tolleranza a caldo e siccità, efficienza nell’uso dell’azoto, resistenze a malattie. Le banche del germoplasma di istituzioni come ICARDA e CIMMYT sono scrigni essenziali per il futuro della coltura.
Non è una questione di OGM o non OGM
Il miglioramento del grano non si riduce alla contrapposizione “OGM sì o no”. In realtà oggi convivono diversi strumenti: gli incroci tradizionali, la selezione con marcatori, lo speed breeding, l’editing genetico. Ogni approccio ha vantaggi e limiti, e la scelta dipende dal tratto che si vuole migliorare, dai tempi disponibili, dalle regole di mercato e dall’accettazione sociale.
Fonti principali:
- Genomi & pangenomi: IWGSC (2018) Science (genoma di riferimento del tenero); Walkowiak et al. (2020) Nature (pangenoma tenero); Maccaferri et al. (2019) Nat Genet (genoma del duro).
- TE & complessità genomica: Wicker/Appels in review open-access (TE ~85%).
- Origine/esaploidia: Pont et al. (2022) Evolution and origin of bread wheat (review open-access).
- Green Revolution & adattamento: Jobson et al. (2019) Frontiers Plant Sci; Pearce (2021) J Exp Bot; Kippes et al. (2015).
- Qualità tecnologica: Li et al. (2020) HMW-GS (open-access); Morris (2002) puroindoline/Ha locus.
- Genomic selection & HTP: Juliana et al. (2020) Frontiers Plant Sci; Sun et al. (2019) The Plant Genome.
- Speed breeding: Watson et al. (2018) Nature Plants; protocollo in Nat Protocols.
- DH/TILLING: Guan et al. (2024) Agronomy (DH grano×mais); Lantos et al. (2023) (anther culture); Uauy et al. (2009) BMC Plant Biol (TILLING)
- Resistenze durature: Krattinger et al. (2009) Science (Lr34); Moore et al. (2015) Nat Genet (Lr67).
- CRISPR nel grano: Wang et al. (2014) Nat Biotechnol (TaMLO); Sánchez-León et al. (2018) Plant Biotechnol J (α-gliadine); Yu et al. (2024) Plant Biotechnol J (γ/ω-gliadine).
- OGM HB4: Gupta et al. (2024) Trends Biotechnol; ISAAA GM Approval Database (stato autorizzazioni).
- Regole & diritti: UPOV 1991 (testo ufficiale); Direttiva UE 98/44/CE; pagine EFSA su GMO.

